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Leoncillo Leonardi

Spoleto, 1915 – Roma, 1968

Leoncillo Leonardi a Spoleto nel 1915.

A seguito di una bocciatura scolastica, nell’estate del 1930 decide di restare appartato per alcuni mesi, durante i quali si dedica al modellamento della creta, da cui trae degli ottimi esiti che lo spingono ad approfondire la materia. Nel 1935 raggiunge il fratello maggiore a Roma, il quale, allontanato dalle scuole pubbliche in quanto antifascista, insegnava lettere presso un istituto religioso. Risalgono a questi anni giovanili i primi disegni noti dell’artista, caratterizzati da un segno forte e costruttivo.

Nel 1936 entra in contatto con la galleria La Cometa, luogo di incontro degli artisti più giovani e meno compromessi con l’arte di regime. Leoncillo trae profonda ispirazione dal contatto con la scuola romana; ma opera per alcuni anni isolato anche a causa del suo carattere schivo.

Nel 1939 lascia Roma, trasferendosi in Umbria, dove entra in contatto con la fabbrica di ceramiche di proprietà di Settimio Rometti, guidata alcuni anni prima da Cagli. Qui perfeziona le sue conoscenze tecniche sui materiali ceramici e sulle cotture e dà luogo a una produzione di sculture di dimensioni notevoli.

Nel 1940, su invito di Giò Ponti, partecipa alla VII Triennale di Milano, dividendo la sala con S. Fancello: espone – aggiudicandosi la medaglia d’oro per le arti applicate – ironici busti dai colori vivaci, che ricordano le porcellane neoclassiche. Nel 1942 fa ritorno a Roma, dove opera come docente di plastica ceramica all’istituto statale d’arte.

Convinto antifascista, si avvicina alle organizzazioni partigiane romane e si affilia alla brigata “Innamorati”, attiva in Umbria. Questi anni si rivelano molto importanti per l’artista e sono di profonda riflessione: aderendo al Partito comunista italiano, nell’Italia lacerata dalla guerra, Leoncillo viene coinvolto profondamente nella problematica del realismo in arte e si aggiudica il primo premio alla mostra L’arte contro la barbarie alla Galleria di Roma.

Dal dicembre 1944 avvia una collaborazione di alcuni mesi con il periodico romano La Settimana, che ospitò i suoi disegni e ritratti di intellettuali.

Nell’immediato dopoguerra partecipa a numerose esposizioni collettive e dopo aver sottoscritto a Venezia nel 1946 il manifesto della Nuova Secessione artistica italiana, la sua attività artistica è correlata da vicende di questo nuovo gruppo insieme al quale espone alle Biennali di Venezia del 1948 e del 1950.

La produzione del decennio 1946-56 si caratterizza per il gusto neocubista di derivazione picassiana. Negli stessi anni approfondisce anche il tema della natura morta, portandolo a esporre per due volte alla Biennale di Venezia, nel 1950 e nel 1954, quando gli fu dedicata una sala insieme con Lucio Fontana.

Nel 1959 partecipa alla VIII Quadriennale di Roma e alla XXX Biennale di Venezia nel 1960; quindi nel 1961 partecipò a numerose esposizioni internazionali. Dal 1966 alla morte fa parte del comitato redazionale di Qui arte contemporanea con Giuseppe Capogrossi e altri.

Nel 1968, presente con una sala personale alla Biennale di Venezia, in cui aveva allestito opere dell’ultimo decennio, vela le sue sculture con dei teli di plastica in segno di adesione alle proteste dei giovani artisti.

Il L. morì a Roma il 3 sett. 1968.

Opere

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